Messina durante la dominazione sveva
Alla morte di Federico il Barbarossa (1190), imperatore del Sacro Romano Impero, il figlio Enrico, diventato imperatore del casato degli Hoenstaufen con il nome di Enrico VI, scese in Italia per rivendicare la Sicilia e detronizzare Tancredi di Lecce, re di Sicilia.
Sconfitto, fu costretto a rientrare in Germania.
In Sicilia giunse anche Riccardo Cuor di Leone (1190), re d’Inghilterra, il quale era diretto in Terrasanta per partecipare alla III Crociata.
Egli si fermò a Messina circa 6 mesi sia per le condizioni avverse del mare sia per recuperare la dote della sorella Giovanna, che l’anno precedente era rimasta vedova del re di Sicilia Guglielmo II il Buono e che al momento era rinchiusa nel Castello della Zisa, nelle vicinanze di Palermo, senza che le fossero stati restituiti i beni portati in dote.
Riccardo chiese al nuovo re di Sicilia, Tancredi, sia la liberazione della sorella sia la restituzione della dote.
Tancredi liberò la donna, ma si rifiutò di restituire la dote per intero.
Durante la sua permanenza a Messina, Riccardo e il suo esercito misero a dura prova la pazienza dei Messinesi, che più volte, ma invano, chiesero a Tancredi di intervenire.
Giunti al limite della sopportazione, soprattutto per l’intraprendenza dei soldati inglesi nei confronti delle donne messinesi, gli abitanti di Messina scatenarono una violenta rivolta (3 dicembre 1190) durante la quale perirono molti soldati inglesi.
La reazione di Riccardo fu istantanea.
La notte successiva l’esercito anglosassone occupò la città.
Li guidava lo stesso re, che, a quanto si racconta, per la sua audacia venne chiamato dagli stessi messinesi “Cuor di Leone”.
Tancredi finalmente si decise ad intervenire ed incontrò Riccardo nel suo quartiere generale situato nella fortezza della Rocca Guelfonia.
La Rocca, chiamata anche Castello Matagrifone, era stata costruita in tempi antichi e probabilmente già esisteva al tempo dei Mamertini.
Al tempo dei Normanni era solo una torre fortificata; venne, invece, ampliata e fortificata sotto gli Svevi, che la trasformarono in una possente fortezza.
Si ergeva su una delle alture della città, a circa 60 metri sul livello del mare, nello stesso luogo dove oggi s’innalza il Sacrario di Cristo Re.
La sua posizione permetteva al re inglese di tenere sotto controllo gli ostili messinesi e, nel contempo, di controllare il porto.
In questo castello, dunque, si svolse l’incontro tra Tancredi e Riccardo.
In seguito agli accordi stipulati in quell’occasione, Tancredi non solo restituì la dote di Giovanna per intero, ma anche pagò una somma riparatoria di 20 mila onze d’oro e s’impegnò a far sposare la figlia ad Arturo, nipote di Riccardo.
La leggenda racconta che il questa occasione Riccardo Cuor di Leone, in segno di pace, donò a Tancredi Excalibur, la leggendaria spada di re Artù.
Il re la custodì fino alla sua morte, avvenuta nel 1194 nella stessa Rocca Guelfonia a Messina, dove si era recato per sedare una nuova rivolta.
Alla morte di Tancredi (1194), Enrico VI tornò in Italia e riuscì a conquistare il regno di Sicilia.
Venne, quindi, incoronato a Palermo re di Sicilia: prendeva, così, piede in Sicilia la dinastia degli Svevi.
Enrico VI, in contrasto con la politica paterna, considerò la Sicilia un suo feudo personale.
Vi restò per tre anni, governando con crudeltà ed instaurando un regime di terrore.
Dal matrimonio tra Costanza ed Enrico VI nacque il futuro Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico.
Alla morte di Enrico VI (1197), Federico aveva solo tre anni.
Il piccolo crebbe a Palermo, dove venne a conoscenza dei problemi di una città in cui convivevano popoli di diversa etnia e cultura: greci, saraceni, ebrei, siciliani, normanni…
Egli, per volontà testamentaria del padre, era stato affidato alla tutela del papa Innocenzo III, che lo avrebbe voluto tenere lontano dalla politica o quantomeno avrebbe voluto influenzarne la linea politica, scoraggiandolo dall’unire la corona di Germania con quella di Sicilia.
Federico nel 1208. ormai maggiorenne, venne incoronato Re di Sicilia, e l’anno successivo sposò Costanza d’Aragona.
Egli dovette promettere al Papa di mantenere divise le due corone di Germania e di Sicilia, ma non mantenne la promessa.
Dopo la sua incoronazione, infatti, riprese la linea politica del padre tendente a consolidare il vasto dominio.
Riuscirà a realizzare il suo sogno, ricostruendo, anche se per breve tempo, l’impero.
Federico II fu, difatti, un abile sovrano, dotato di grande intelligenza e cultura.
Non fu solo un uomo politico, ma un abile guerriero, un dotto letterato, un sapiente filosofo, un bravo architetto.
Per le sue doti eccezionali venne chiamato dai suoi contemporanei “Stupor mundi”.
A capo del Regno di Sicilia e di Germania, egli stabilì la dimora imperiale a Palermo, che divenne la più importante e bella città dell’Impero.
Presso la corte palermitana si sviluppò, tra il 1230 ed il 1250, la Scuola Poetica siciliana, della quale fu promotore lo stesso imperatore.
Essa rappresenta la prima forma di letteratura laica in volgare.
Si tratta di una corrente letteraria che ha portato alla nascita della prima lingua letteraria laica, il siciliano illustre, modellato, nella sintassi e nel lessico, sia sul provenzale che sul latino.
Tra i poeti che diedero vita alla Scuola poetica siciliana vi furono lo stesso Federico ed i suoi figli Manfredi ed Enzo.
Per risollevare le condizioni economiche del suo regno, facilitò gli scambi commerciali, potenziò l’agricoltura, fece aprire nuove fabbriche per la lavorazione del ferro, del cuoio, della lana, della seta e della ceramica.
In campo giudiziario, fece amministrare la giustizia in modo equo.
A tale proposito, considerò gli Ebrei, da sempre perseguitati, uguali ai cristiani di fronte alla legge.
Durante la dominazione sveva ed, in particolare, durante il regno di Federico II, Palermo e la corte divennero il centro dell’impero.
In quegli anni Palermo raggiunse il massimo splendore non solo in campo letterario, ma anche in quello politico, economico, sociale e giuridico.
Sotto gli Svevi si accrebbe e si consolidò anche il prestigio di Messina, soprattutto per la felice posizione geografica del suo porto.
Con la sconfitta di Tagliacozzo e la morte di Corradino, ultimo erede del casato svevo, ha termine la dominazione sveva.
Tutta l’Italia meridionale, compresa la Sicilia, finisce nelle mani di una dinastia francese: gli Angioini.
Da questo momento in poi ha inizio la decadenza della Sicilia.