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Messina durante la dominazione degli angioini

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Messina durante la dominazione degli angioini

ANTEFATTO

Morto Federico II di Svevia, il papa Innocenzo IV cominciò a cercare un uovo sovrano per il Regno di Sicilia.
Scelse come candidato Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX., che aveva conosciuto personalmente qualche anno prima.
Le trattative furono lunghe e si conclusero nel 1253: Carlo avrebbe ottenuto l’intero regno di Sicilia e dell’Italia meridionale, ad eccezione di Benevento.
Carlo, negli anni successivi, fu impegnato in lotte scoppiate in Francia; pertanto mise da parte la proposta papale.
Intanto, erano morti il papa Innocenzo IV e il suo successore Alessandro IV.

GLI ANGIOINI IN SICILIA

Il papa, Urbano IV, temendo l’estensione del dominio degli Svevi su tutta l’Italia, riprese il progetto di Innocenzo IV e chiese aiuto a Carlo d’Angiò per sconfiggere Manfredi, figlio di Federico II di Svevia.
In cambio del suo aiuto, gli offrì la corona di Sicilia e di Napoli.
Carlo scese in Italia con il suo esercito e sconfisse a Benevento Manfredi, che perì nella battaglia (1266).
Dopo la battaglia di Benevento, Carlo venne incoronato primo Re di Napoli.
Intanto, incombeva il pericolo dell’intervento delle truppe tedesche al comando di Corradino di Svevia, figlio del defunto Corrado IV (fratellastro di Manfredi) ed ultimo rappresentante della casa di Svevia.

Costui, appena quindicenne, aspirando al regno di Napoli, scese in Italia con il suo esercito (1268), ma venne sconfitto dagli angioini a Tagliacozzo, in Abruzzo.
Fatto prigioniero, venne condannato a morte mediante decapitazione (1268).
Morto Corradino, Carlo governò in modo dispotico.
Alla morte di Manfredi e del nipote Corradino, dunque, la Sicilia e tutta l’Italia meridionale caddero in mano alla dinastia francese degli Angioini ed iniziò la loro lenta decadenza.
Il successore del papa Urbano IV, Clemente IV, che aveva incoronato Carlo d’Angiò re di Sicilia nel 1263, mettendolo a capo della crociata contro Manfredi di Svevia, appoggiò il passaggio dell’isola sotto gli Angioini, sperando di poter estendere l’influenza pontificia su tutta l’Italia meridionale.
Le sue speranze, però, si rivelarono mal riposte.

Carlo d’Angiò non si limitò a governare su tutto il meridione d’Italia, ma attuò una politica espansionistica, che lo portò ad estendere la propria influenza sull’Italia settentrionale, contravvenendo così all’accordo stipulato con il papa nel momento in cui era stato chiamato in Italia.
La dominazione di Carlo I d’Angiò fu malvista dalle popolazioni meridionale e soprattutto dai siciliani, che non sopportavano il comportamento arrogante dei francesi.
Carlo, infatti, sostituì i baroni che avevano appoggiato gli Svevi con nobili francesi e ne confiscò le proprietà.
Inoltre, non convocò più il Parlamento siciliano e sostituì tutti i funzionari del regno, eccetto gli esattori, con burocrati francesi.
Anche il commercio e le industrie passarono in mani straniere.

Impose, poi, tasse esose, esentando solo il clero dal pagamento delle imposte.
Inoltre, trasferì la capitale a Napoli, dove stabilì la propria dimora e governò tirannicamente, considerando l’Italia meridionale e la Sicilia terra di conquista.
A ciò si aggiunga il regime poliziesco instaurato dal re e dai suoi collaboratori.
Durante il dominio degli Angioini decaddero le industrie e venne paralizzato il commercio.
Le continue vessazioni e l’esosità delle tassazioni portarono i siciliani ad offrire la corona di Sicilia a Pietro III d’Aragona, marito di Costanza, figlia del defunto re Manfredi di Svevia.

I VESPRI SICILIANI E L’ASSEDIO DI MESSINA

Contro il malgoverno angioino in Sicilia si verificarono numerose rivolte.
La più famosa è quella scoppiata a Palermo il lunedì di Pasqua del 1282, passata alla storia con il nome di Vespri siciliani
Dopo tanti anni di angherie e soprusi, il popolo siciliano, ostile ai francesi per la loro ingordigia fiscale e per la loro prepotenza, si ribellò.
A generare la rivolta fu un episodio, rivelatosi la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Un soldato francese, con la scusa di perquisirla alla ricerca di armi, mise le mani addosso ad una donna che, assieme al marito, era in attesa della funzione del Vespro sul sagrato della Chiesa dello Spirito Santo.

Il marito riuscì a strappare la spada al soldato e lo uccise.
Dopo tanti anni di angherie e soprusi, il popolo siciliano, ostile ai francesi per la loro ingordigia fiscale e per la loro prepotenza, si ribellò.
La reazione del marito oltraggiato provocò una sollevazione spontanea del popolo, dando origine ad una rivolta che, essendo scoppiata nell’ora della preghiera serale (il vespro o vespero), venne chiamata “Vespri siciliani”.
Molti francesi vennero uccisi; i superstiti si rifugiarono sulle loro navi, prendendo il largo.
In poco tempo, la rivolta si estese a tutta la Sicilia.

Carlo d’Angiò, dopo aver tentato di sedare la rivolta con la promessa di realizzare numerose riforme, appoggiato dal Papa e dalle città guelfe, decise di intervenire militarmente, inviando una flotta che trasportava un numeroso esercito.
Egli riteneva di non poter penetrare all’interno della Sicilia se non dopo avere espugnato Messina.
La città era allora comandata da Alaimo di Lentini che, nominato Capitano del popolo, riuscì ad organizzare la resistenza.
Molte città siciliane inviarono i loro uomini in aiuto della città, considerata da tutti la “porta della Sicilia”
La città venne attaccata dalla flotta angioina il 2 giugno 1282, ma riuscì a respingere l’assalto navale.
L’esercito francese sbarcò sulle coste messinesi il 25 luglio 1282 e la città dello Stretto venne posta sotto assedio.
L’assedio durò cinque mesi, ma grazie al valore dei messinesi, la città non venne espugnata e la bandiera della città continuò a sventolare sulle antiche mura della città.
Pietro III d’Aragona, accolta la richiesta dei siciliani, sbarcò in Sicilia con il suo esercito (30 agosto 1282) ed occupò Palermo.
Qui assunse il titolo di re, con il nome di Pietro I di Sicilia.

Appoggiato dai baroni siciliani, costrinse Carlo a togliere l’assedio a Messina.
Carlo d’Angiò, avendo avuto notizia di rivolte scoppiate in Calabria e temendo che si estendessero in tutta l’Italia meridionale, ripassò velocemente lo Stretto.
Nella frettolosa fuga restò sul campo messinese lo stendardo della città di Firenze, che, in quanto guelfa, aveva inviato i suoi uomini per combattere a fianco degli angioini.
Lo stendardo è ancora oggi conservato nel Duomo di Messina.
La precipitosa partenza di Carlo d’Angiò alla volta di Napoli pose termine alla dominazione angioina in Sicilia e diede inizio a quella aragonese (settembre 1282).

All’assedio di Messina sono legate due leggende messinesi: quella del Vascelluzzo e quella di Dina e Clarenza.
La leggenda del Vascelluzzo (in messinese ‘u Vascidduzzu) racconta che, durante il lungo assedio degli angioini (maggio-settembre 1282), la popolazione messinese
stremata dalla carestia invocò la Madonna della Lettera, protettrice della città, chiedendole di intervenire in aiuto della città.
Pochi giorni dopo nel porto di Messina arrivò un vascello carico di derrate alimentari, che miracolosamente era riuscito a passare il blocco navale di Carlo d’Angiò
L’avvenimento, considerato miracoloso, viene ancora oggi festeggiato a Messina con una processione che si snoda lungo le vie della città il 10 giugno, in occasione della festa del Corpus domini.
Dina e Clarenza sono due eroine messinesi che, secondo la leggenda, erano di guardia alle mura della città.
Non appena avvistarono i soldati angioini che tentavano di prendere la città alle spalle, si diedero da fare per respingere l’attacco.
Mentre Dina lanciava sassi contro di loro, Clarenza corse a suonare le campane del Duomo, avvisando i messinesi del pericolo.
Essi accorsero immediatamente e riuscirono a respingere l’attacco.
Le statue di Dina e Clarenza, ancora oggi, a mezzogiorno suonano le campane del Campanile del Duomo, in ricordo del loro eroico intervento in difesa di Messina.